La fregola del luna park
La ruota panoramica affacciata sul cielo, gli autoscontri, la casa dei fantasmi, il galeone dei pirati, le montagne russe, le mele caramellate, lo zucchero filato che si appiccica alle labbra.
Il luna park è uno stato mentale. Un braccio meccanico che solleva i pensieri e li lancia in aria lontano dal corpo. L’aumento del battito cardiaco. Gemiti di piacere nel procurarsi le vertigini. Benvenuti in un luogo nel quale non esiste il senso degli a capo. E la paura non ha come obiettivo la sopravvivenza ma è governata dall’impulso di ridere. Nessuna differenza di colore, classe, età o religione. Siamo tutti uguali davanti alle giostre. Con gli stessi diritti, gli stessi sogni e le probabilità che si avverino. A L.A. come all’Idroscalo.
Certo, poi c’è chi si mette la prima cosa che capita per salire sul rollercoaster e chi passa ore a prepararsi davanti allo specchio anche per prendere i calci in culo. Indovinate chi.
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